mercoledì 17 luglio 2013

[mtb] Elba Ovest Marathon una maratona in un giardino del paradiso


di Alberto Adilo Di Lorenzo



Mi chiedo che sapore possano avere le castagne nate circondate dal blu intenso del mare. I colori e le immagini che ti avvolgono sono capaci di entrare nell’anima, di stringerla per tutta la pedalata. Sensazioni che solo venendo qua si possono provare e capire.


 La meravigliosa cultura della bicicletta che ha coinvolto alcuni gruppi di appassionati elbani  ha prodotto  percorsi che sembrano pennellate nei dipinti. Paesaggisticamente e tecnicamente sono difficili da emulare, non fosse altro per lo stravagante gioco magico di mare e monti. Stregherebbero chiunque.

Ce lo aspettavamo, ma cosi’ è di piu’.



Effettuiamo la traversata con il Maestrale. E’ un vento dannoso, fortissimo. Le onde sono alte sino a due metri e mezzo, si balla per tutta l’ora. Graziano si sbianca. Rimaniamo sul ponte a poppa a guardare le tristi  acciaierie di Piombino allontanarsi, poi fa buio e si spegne tutto.

Il mattino dopo il Maestrale, che solitamente dura quattro o cinque giorni, sembra avere perso tutta la sua forza. Il cielo si terge e il mare si calma. Il sole scalda la pelle. La giornata è già una festa. 


 
Partiamo per Capoliveri, la zona sud est dell’isola. Abbiamo scelto di godere le pedalate tra il monte Calamita e il monte Le Torricelle, con le tracce della Legend Cup nel gps, gran fondo che si corre a maggio. Si sta svolgendo una gara di triathlon del circuito XTERRA, tutti i percorsi sono segnalati. A farlo ci pensa bikepark.it, l’organizzazione di appassionati di questa zona, che incontriamo. Se vorrete chiamarli, potranno darvi tutte le informazioni necessarie per tutto, con gentilezza.


Dopo un caffè panoramico si comincia a pedalare e subito si sale. E’ una salita che frusta i quadricipiti. Graziano borbotta qualcosa. Osservo il bagnino, sono novanta giorni che non pedala, saranno due giorni intensi per le gambe. Invece sta bene, strano, ma sta bene. Sta bene di testa e di fisico. E’ leggermente appesantito, ma sale veloce e progressivo. Mi conforta, sarebbe un peccato avere dei cedimenti in una passeggiata come questa. Perdesse qualche chilo mi metterebbe in difficolta.



 Dai tredici gradi della notte siamo già scaldati dal venticello a ventidue, la temperatura sale piano. L’aria carica di essenze mediterranee ci accarezza il volto. Temperatura ideale.



Termina la salita, una guida della corsa in atto ci suggerisce qualche deviazione. La prima, un single track, ci strega. E’ una meraviglia tecnica nel profondo blu. Il bagnino ulula di gioia e noi con lui. La febbre del randonneur  gli sale, comincia a entrare nel nuovo mondo. Comincerà a perdersi. E sarà dolce. La bici non è piu’ il centro del mondo. Il centro del mondo diventa “cio’ che puoi fare cone la bici”. Lo stiamo facendo. Ci piace all’infinito, come è infinita la linea dell’orizzonte che ci circonda.



Ci accorgiamo che la difficoltà maggiore è dover scegliere tra guardare il tracciato a testa bassa o fermarsi spesso per godere dei panorami di questo “giardino nel paradiso”. Vale la seconda per non fare crimini.


Arriviamo alla spiaggia dell’ “Innamorata”. Qui termina la parte in acqua della gara di triathlon. 



 Transitiamo quando sono passati tutti i triatleti,  triatleti che quando si allenano poco lo fanno solo per due o tre ore al giorno, vivendo un’altra dimensione rispetto a noi.
Con un cordialissimo dialetto milanese un’organizzatore della manifestazione ci indica la strada per la miniera, un posto da visitare. Difatti lo visitiamo, è una punta sul mare incantevole. Si vedono Pianosa, Montecristo e piu’ lontano anche l’Argentario. Poi ancora salita, ma non si sente. 


Si fa notare invece il segnale di un ristorante. Diffido un po’, la mangiata potrebbe bloccarmi le gambe. Graziano non ne vuole sapere di rinunciare, il bagnino lo desidera piu’ di ogni altra cosa al mondo. Io sogno caciucco o stoccafisso all’elbana, ma anche totani ripieni. Ci accoglie un cameriere con un lussuoso cravattino. Il posto è sublime. E’ una residenza padronale del milleottocentoottantacinque, il cameriere lo ripete tre volte ad un turista svizzero anche lui a pranzo.


Trancio di tonno per Graziano, Stoccafisso alla mediterranea per me e una sportiva pasta corta al pomodoro per il bagnino, da bravi. 

 
La passeggiata riprende senza ulteriori soste. Il bagnino è pentito di avere scelto la banale e innocente pasta, ma non lo dice. Si chiede cos’è lo stoccafisso pensando a qualche cosa di sacro. Il paesaggio continua ad avvolgerci.


Manchiamo l’ultima discesa verso la spiaggia di Malpasso e ci ritroviamo a Capoliveri, dopo trenta chilometri e cinquecento metri di dislivello. Puo’ bastare, l’indomani sarà guerra. La nostra guerra, l’ Elba Ovest Marathon 2011.

 
Piuttosto un bel giro con birra a Marina di Campo, ritiro pacchi gara, doccia e cena, un’altra ottima cena a base di pesce. Ma niente altro, le forze mi abbandonano ed è quasi dolce addormentarsi tra amici con le immagini del giorno nella mente.
L’ospitalità dell’hotel Barracuda non smentisce la bontà del consiglio dell’organizzazione dell’ Elba Ovest.  
Credo di poter definitivamente annotare che Graziano Amaduzzi, ex macchina da gara, sta completando la mutazione verso un’altra dimensione di biker. Quella giusta. La prova è che la sua notte non è piu’ “on-off”, ma verso le cinque del mattino compare il segno: il russare del bevitore di birra. E’ fantastico. Il bagnino ne è testimone. Bene cosi’.


Il giorno dopo, domenica, è giorno-race. La tensione c’è, sessantadue chilometri a fine stagione morderanno. Milleottocentometri di dislivello, anche se tra tutti i panorami che vuoi, si faranno inesorabilmente sentire. Lo sappiamo, ma siamo contenti di essere li’ e non ci tireremmo mai indietro. Spero che il bagnino scelga il percorso breve, farà la scelta giusta.


Alla partenza non siamo tanti, ma sono tutti terribilmente tirati. I fasci muscolari depilati fanno paura. Al via schizzano tutti come il vento e spariscono. Rimangono pochi passeggiatori come noi che si guardano con sconcerto, presto saremo soli con la natura. Non poco.

La prima salita ricorda il Lusia, affermo senza esagerare. Pochi metri in meno di dislivello, ma fondo piu’ aspro, granito inciso dall’acqua. Impone saltelli, si sbriciola e gartta le gomme. Non sempre offre l’aspettata aderenza. Sassi fissi e mossi completano la meravigliosa difficoltà.  La parte terminale è roba per pochi. Se c’era bisogno di fare selezione, è fatta. Forse qui Stefano decide il suo percorso.


 Poi comincia la giostra meravigliosa. Il tracciato lungo porta a pedalare tre salite seguite da discese tecniche da “I love mtb forever”.

La seconda salita è tra i castagni circondati dal blu del mare. In alcuni tratti sull’orizzonte i possono vedere Capraia e Gorgona. Con queste ultime isole le vedute sull’arcipelago toscano sono complete. 

La discesa successiva è una via crucis. Per davvero. Dopo un primo tratto di sterrato comincia una scalinata interminabile. E’ intervallata dalle cappellette della via crucis della chiesa del paesello sottostante. Nella parte del centro abitato l’altezza degli scalini è al limite. 



Si risale sino ad incontrare il primo ristoro, si ripete un pezzo della prima parte della gara e poi…. poi l’ultimo meraviglioso irresistibile single track in discesa che sembra percorrere una favola. 



Un’ opera d’arte naturale. Passaggi, salti, scaloni, tornanti..tutto. Poi l’arrivo in spiaggia. Non nel mare ma nelle salsicce, che meraviglia.
Avanti signori, c’è posto, sei ore e ci sei anche te.


Ringrazio e ringraziero’ sempre mia moglie. Se non ci fosse, se non fosse fatta cosi’ non potrei vivere queste avventure. Ringrazio anche gli amici che mi hanno avviato ad approfondire questa passione con i risultati che posso descrivere in questi racconti. Emozione vera

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Mi chiedo che sapore possano avere le castagne nate circondate dal blu intenso del mare. I colori e le immagini che ti avvolgono sono capaci di entrare nell’anima, di stringerla per tutta la pedalata. Sensazioni che solo venendo qua si possono provare e capire.
La meravigliosa cultura della bicicletta che ha coinvolto alcuni gruppi di appassionati elbani  ha prodotto  percorsi che sembrano pennellate nei dipinti. Paesaggisticamente e tecnicamente sono difficili da emulare, non fosse altro per lo stravagante gioco magico di mare e monti. Stregherebbero chiunque.

Ce lo aspettavamo, ma cosi’ è di piu’.

Effettuiamo la traversata con il Maestrale. E’ un vento dannoso, fortissimo. Le onde sono alte sino a due metri e mezzo, si balla per tutta l’ora. Graziano si sbianca. Rimaniamo sul ponte a poppa a guardare le tristi  acciaierie di Piombino allontanarsi, poi fa buio e si spegne tutto.

Il mattino dopo il Maestrale, che solitamente dura quattro o cinque giorni, sembra avere perso tutta la sua forza. Il cielo si terge e il mare si calma. Il sole scalda la pelle. La giornata è già una festa.
Partiamo per Capoliveri, la zona sud est dell’isola. Abbiamo scelto di godere le pedalate tra il monte Calamita e il monte Le Torricelle, con le tracce della Legend Cup nel gps, gran fondo che si corre a maggio. Si sta svolgendo una gara di triathlon del circuito XTERRA, tutti i percorsi sono segnalati. A farlo ci pensa bikepark.it, l’organizzazione di appassionati di questa zona, che incontriamo. Se vorrete chiamarli, potranno darvi tutte le informazioni necessarie per tutto, con gentilezza.

Dopo un caffè panoramico si comincia a pedalare e subito si sale. E’ una salita che frusta i quadricipiti. Graziano borbotta qualcosa. Osservo il bagnino, sono novanta giorni che non pedala, saranno due giorni intensi per le gambe. Invece sta bene, strano, ma sta bene. Sta bene di testa e di fisico. E’ leggermente appesantito, ma sale veloce e progressivo. Mi conforta, sarebbe un peccato avere dei cedimenti in una passeggiata come questa. Perdesse qualche chilo mi metterebbe in difficolta.
Dai tredici gradi della notte siamo già scaldati dal venticello a ventidue, la temperatura sale piano. L’aria carica di essenze mediterranee ci accarezza il volto. Temperatura ideale.
Termina la salita, una guida della corsa in atto ci suggerisce qualche deviazione. La prima, un single track, ci strega. E’ una meraviglia tecnica nel profondo blu. Il bagnino ulula di gioia e noi con lui. La febbre del randonneur  gli sale, comincia a entrare nel nuovo mondo. Comincerà a perdersi. E sarà dolce. La bici non è piu’ il centro del mondo. Il centro del mondo diventa “cio’ che puoi fare cone la bici”. Lo stiamo facendo. Ci piace all’infinito, come è infinita la linea dell’orizzonte che ci circonda.
Ci accorgiamo che la difficoltà maggiore è dover scegliere tra guardare il tracciato a testa bassa o fermarsi spesso per godere dei panorami di questo “giardino nel paradiso”. Vale la seconda per non fare crimini.
Arriviamo alla spiaggia dell’ “Innamorata”. Qui termina la parte in acqua della gara di triathlon. Transitiamo quando sono passati tutti i triatleti,  triatleti che quando si allenano poco lo fanno solo per due o tre ore al giorno, vivendo un’altra dimensione rispetto a noi.
Con un cordialissimo dialetto milanese un’organizzatore della manifestazione ci indica la strada per la miniera, un posto da visitare. Difatti lo visitiamo, è una punta sul mare incantevole. Si vedono Pianosa, Montecristo e piu’ lontano anche l’Argentario. Poi ancora salita, ma non si sente.

Si fa notare invece il segnale di un ristorante. Diffido un po’, la mangiata potrebbe bloccarmi le gambe. Graziano non ne vuole sapere di rinunciare, il bagnino lo desidera piu’ di ogni altra cosa al mondo. Io sogno caciucco o stoccafisso all’elbana, ma anche totani ripieni. Ci accoglie un cameriere con un lussuoso cravattino. Il posto è sublime. E’ una residenza padronale del milleottocentoottantacinque, il cameriere lo ripete tre volte ad un turista svizzero anche lui a pranzo.
Trancio di tonno per Graziano, Stoccafisso alla mediterranea per me e una sportiva pasta corta al pomodoro per il bagnino, da bravi.
La passeggiata riprende senza ulteriori soste. Il bagnino è pentito di avere scelto la banale e innocente pasta, ma non lo dice. Si chiede cos’è lo stoccafisso pensando a qualche cosa di sacro. Il paesaggio continua ad avvolgerci.
Manchiamo l’ultima discesa verso la spiaggia di Malpasso e ci ritroviamo a Capoliveri, dopo trenta chilometri e cinquecento metri di dislivello. Puo’ bastare, l’indomani sarà guerra. La nostra guerra, l’ Elba Ovest Marathon 2011.

Piuttosto un bel giro con birra a Marina di Campo, ritiro pacchi gara, doccia e cena, un’altra ottima cena a base di pesce. Ma niente altro, le forze mi abbandonano ed è quasi dolce addormentarsi tra amici con le immagini del giorno nella mente.
L’ospitalità dell’hotel Barracuda non smentisce la bontà del consiglio dell’organizzazione dell’ Elba Ovest. 
Credo di poter definitivamente annotare che Graziano Amaduzzi, ex macchina da gara, sta completando la mutazione verso un’altra dimensione di biker. Quella giusta. La prova è che la sua notte non è piu’ “on-off”, ma verso le cinque del mattino compare il segno: il russare del bevitore di birra. E’ fantastico. Il bagnino ne è testimone. Bene cosi’.

Il giorno dopo, domenica, è giorno-race. La tensione c’è, sessantadue chilometri a fine stagione morderanno. Milleottocentometri di dislivello, anche se tra tutti i panorami che vuoi, si faranno inesorabilmente sentire. Lo sappiamo, ma siamo contenti di essere li’ e non ci tireremmo mai indietro. Spero che il bagnino scelga il percorso breve, farà la scelta giusta.

Alla partenza non siamo tanti, ma sono tutti terribilmente tirati. I fasci muscolari depilati fanno paura. Al via schizzano tutti come il vento e spariscono. Rimangono pochi passeggiatori come noi che si guardano con sconcerto, presto saremo soli con la natura. Non poco.

La prima salita ricorda il Lusia, affermo senza esagerare. Pochi metri in meno di dislivello, ma fondo piu’ aspro, granito inciso dall’acqua. Impone saltelli, si sbriciola e gartta le gomme. Non sempre offre l’aspettata aderenza. Sassi fissi e mossi completano la meravigliosa difficoltà.  La parte terminale è roba per pochi. Se c’era bisogno di fare selezione, è fatta. Forse qui Stefano decide il suo percorso.

 Poi comincia la giostra meravigliosa. Il tracciato lungo porta a pedalare tre salite seguite da discese tecniche da “I love mtb forever”.

La seconda salita è tra i castagni circondati dal blu del mare. In alcuni tratti sull’orizzonte i possono vedere Capraia e Gorgona. Con queste ultime isole le vedute sull’arcipelago toscano sono complete. 

La discesa successiva è una via crucis. Per davvero. Dopo un primo tratto di sterrato comincia una scalinata interminabile. E’ intervallata dalle cappellette della via crucis della chiesa del paesello sottostante. Nella parte del centro abitato l’altezza degli scalini è al limite.
Si risale sino ad incontrare il primo ristoro, si ripete un pezzo della prima parte della gara e poi…. poi l’ultimo meraviglioso irresistibile single track in discesa che sembra percorrere una favola. Un’ opera d’arte naturale. Passaggi, salti, scaloni, tornanti..tutto. Poi l’arrivo in spiaggia. Non nel mare ma nelle salsicce, che meraviglia.
Avanti signori, c’è posto, sei ore e ci sei anche te.

Ringrazio e ringraziero’ sempre mia moglie. Se non ci fosse, se non fosse fatta cosi’ non potrei vivere queste avventure. Ringrazio anche gli amici che mi hanno avviato ad approfondire questa passione con i risultati che posso descrivere in questi racconti. Emozione vera