venerdì 28 giugno 2013

MTB Sellaronda Hero 2013 - Io e il GS CICLI MATTEONI FRW MTB TEAM

Sellaronda Hero 2013 
84 km, 4.400 mt dislivello
Selva di Valgardena 23 Giugno 2013




Quattromilaquattrocento metri di dislivello in ottantaquattro chilometri. Non ci sono ragioni intelligenti per confrontarsi in una gara simile. Eppure siamo tremilatrecento e tanti sono esclusi dalla griglia.

Percorso duro, durissimo. Affascinante per il contesto dei paesaggi attraversati. E’unico, selvaggio, irraggiungibile. E’ angosciante pensare di attraversarlo in bicicletta, ma essere immersi in quello scenario, respirare quell’aria trasmette una carica infinita.



Selva di Valgardena ci attende. Il paese è tutto colorato. Welcome Hero’s.
La finestra dell’ hotel di santa Cristina guarda il monte di fronte, per vedere il cielo occorre guardare in alto. E in alto ci sono i passi alpini che dovremo raggiungere. Si ho paura. E ha paura tutta la squadra. E’ bello avere paura. E’ utile avere paura. La paura ti puo’ salvare e farti vincere.
Ha famiglia? Quanti anni ha sua moglie? E’ davvero convinto di cambiare il percorso da 62 a 84 chilometri? Non le bastano tremilatrecento metri di dislivello da superare?  Cosi’ parlava un giudice della Sellaronda Hero quando la squadra spingeva perché io potessi farla con loro. Bastavano eccome, anzi.


Qui viene fuori il valore di squadra, la potenza degli amici e la voglia di stare insieme. Io non pedalo per  dimostrare niente a nessuno. Non pedalo per accorciare il tempo. Anzi, lo allungherei il piu’ possibile. Piu’ dura piu’ godo. Poi quassù.. Non scelgo il lungo rispetto al medio o il corto per vantarmi tra altri. Pero’ l’impresa mi piace e mi piace coinvolgere ma anche essere coinvolto. Non dicevo no.
Sapevo che Elisabeth non mi avrebbe cambiato percorso. Già glielo avevo chiesto. Impossibile alla tedesca. Non era possibile per nessun motivo. Ero tranquillo, già avevo cambiato nei termini perché non mi fidavo del la mia condizione fisica anche se ora le cose erano cambiate.
Poi è arrivato Daniele. Sono bastati cinque minuti e un sorriso per avere un nuovo numero, Col de l’ Ornella e Duron in piu’ da fare. E l’angoscia da contenere.


 

Partenza dolce. Guai a spingere. Guai a non rendere massima la resa di ogni caloria spesa.
Subito mi accorgo dell’enorme lavoro degli organizzatori per ripristinare il percorso originale. Le frane dei giorni passati avevano devastato il territorio. Qualcuno teneva ancora la pala in mano.  Non risparmio i complimenti. A quella gente fa piacere che ci si accorga di loro. Organizzazione alla tedesca con anima italiana. Perfetto.
Si fa sera. Marco, Guglielmo e Dioni arrivano provati dopo un viaggio in autostrada odissea di dieci ore. Non resta che mangiare e andare a riposare. Cena leggera. La sveglia è alle cinque e trenta, ma non c’è nessun bisogno di allarmi.
Mi conosco. Avevo voglia di un evento del genere. Se fossi esploso avrei messo la freccia, nessun problema. Ma mollare non è un’opzione prevista. E’ cosi’ per me, è cosi’ per tutti noi.
Daniele, vuole vincere. Vuole vincere la categoria. 



Anche noi vogliamo vincere. Per noi vincere è arrivare. L’elicottero e la Rai dicono che l’evento è importantissimo. Subito il Dantercepies. E’ la prima violenta salita. Sono tutte salite che chiedono gambe. Il rischio è riaverle per quelle successive. Maurizio rompe la catena. Si riparte con un po’ piu’ d’ansia. Un’ora circa per arrivare in cima. Ma arrivare su è come salire in cielo. Il quadro è una bomba emozionante.  Riempie anima e polmoni. La discesa  è come un regalo.



Tutte le discese sono meravigliose, alcune esilaranti. Ma si risale sempre subito. Già, te le devi conquistare. Dunque giu’ fino a Corvara, poi su Pralongià e Passo Campolongo la bellezza del piano ferma il cuore dei bikers, poi lo manda fuori giri.


Arriva Arabba. Ricordo che da qui salivo con la funivia sino a Porta Vescovo durante il giro dei quattro passi con gli sci. Di quella risalita ricordo che la funivia sembrava spiaccicarsi contro la roccia della montagna. Ho sperato non fosse quella da raggiungere. Era proprio quella. In piu’ la leggenda del Col dell’Ornella completa l’angoscia. Comincia quasi subito e porta al Sourasass a duemilatrecento metri di altitudine.  Bisogna avere gambe e scarpe buone. 


 Si  pedala ben poco, si spinge la bicicletta a mano per la maggior parte dell’ascesa. Dal ristoro prima dell’ultimo tratto il percorso appare come una cordata da K2. I paesaggi continuano a riempire i muscoli. Arrivare in cima è una liberazione, ma sapere che tanto non finisce li’ non fa rilassare. Un saliscendi tra la neve porta al Passo Pordoi. Da qui il tuffo fino a Canazei è un altro regalo.  Quando la salita ricomincia, ormai abbiamo percorso sessanta chilometri un biker inglese sussurra “the last one..Hero done”.  Non poteva dire niente di piu’ stupido.


La salita del passo del Duron è quella che piu’ di tutte minaccia l’uso delle gambe. Le tenta tutte per prendertele e non restituirtele piu’. Questo puo’ essere anche prima del  traguardo e finire adesso non è possibile. 



 In piu’ oggi il diavolo qui ci mette la coda. La temperatura precipita. Precipita fino a 6 gradi, poi cinque. Comincia a piovere e grandinare. Mancano una ventina di chilometri, piu’ di due ore. Dopo il primo tratto in salita l’acqua invade il piccolo altopiano che diventa un lago, poi quando la salita ricomincia si pedala o cammina in un gelido torrente.


Anche la salita del Duron non è tutta pedalabile. I pezzetti di ghiaccio rimangono attaccati ai guanti. Non sento piu’ mani e piedi. Non posso cambiare. Ma rimango sereno. Le calorie servono per avanzare e per rimanere caldi. E’ fatale, chi si ferma è perduto.  Il lavoro dei soccorsi è serrato. La camionetta rossa della croce rossa porta via i caduti. Il passaggio della colma avviene tra ghiaccio e neve. Nonostante gli oltre quattromila metri di dislivello già accumulato avrei voluto che la salita non finisse mai. Il freddo della discesa mi fa molta paura. Mi ci butto con furia. Poi due pezzi di strudel all’ultimo ristoro sono come una pozione magica. Stefano è messo peggio di me, dai andiamo. 


 La musica di Selva è come un cazzotto nello stomaco. Anche la melodia prende, lo fanno apposta, una ragazza arriva e scoppia a piangere, mi abbraccia, abbraccio Stefano, aumenta l’emozione, ma non c’era bisogno, avrei pianto lo stesso tra qualunque braccia.
Marco e Pierangelo vivono lo stesso meraviglioso maltrattamento qualche chilometro piu avanti, Maurino li precede, Andrea continuerà ancora per un’ora dopo di me. Matteo è appena avanti.  Maurizio perso dopo il Dantercepies. Daniele volando evita il diluvio ed è terzo di categoria. Per la vittoria dovrà attendere ancora. Noi vinciamo tutti. Il GS Matteoni mtb team da oggi è un team di Heroes.
Una lunga doccia a cinquanta gradi mi restituisce parola e movimenti. L’ottava meraviglia del mondo è compiuta. Peccato sia finita. Non chiedetemi altro.

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