lunedì 3 dicembre 2012

Frattura della clavicola: la fine del sogno

di Alberto Adilo Di Lorenzo

Quella mattina il raggio di sole che entrava nella camera da letto non era quello che avrebbe dovuto illuminarmi. Dovevo essere altrove, lontano da casa e dai nostri colli.

essere fotografato sul numero di stato sul numero di Giugno di MTB Magazine mi aveva riempito di orgoglio, ma chi poteva immaginare che sarebbe stato un segno premonitore?

Essere fotografato durante il "carpegna mi basta" di pochi giorni prima  ed essere presente sul numero di Giugno di MTB Magazine mi aveva riempito di felicità, ma la frase poco sopra sembra tanto essere un segnale premonitore di alta stregoneria.

Si parla della rottura di due clavicole. Non c'è stato due senza tre

Solo l'improvviso annullamento del volo Rimini Cagliari aveva cominciato a cambiare il destino. Non mi era dispiaciuto, il ponte del due giugno favoriva un'ottima occasione per proseguire gli allenamenti con Montebelluna e Villabassa nel mirino.
Quella tiepida e intensa luce dettava il percorso, era gia' deciso già prima di aprire gli occhi: Rimini, Verucchio, Sant'Igne, San Leo, Villagrande, Carpegna, giro del Carpegna mi basta invertendo parte iniziale e finale in modo da permettere il ritorno via Soanne Maiolo e Novafeltria.

Gran bella  Maratona, tanti km e tanto dislivello, difficile trovare un compagno, ma è giusto metodo  per testare il lavoro fatto fino a quel punto.
Preparazione e partenza avviene in un battito d'ali, la giornata nasce e prosegue stupenda. Il fisico risponde come non mai, è tutto un piacere. Me lo godo.

I ciliegi della salita per Sant'Igne sono carichi, impossibile non fermarsi, non approfittarne. Fino a Villagrande è sempre salita, da San Leo piu' morbida, ma sempre salita.
Proseguo per Carpegna, mi butto nel giro "basso" della gran fondo. Oggi vien tutto facile, piu' facile del solito.
Finito il giro basso salgo verso il Cippo, anche questa terribile salita non mi morde come al solito, soffro meno. Giro intorno al monumento e mi fermo alla fontana, riempio
i contenitori. Sistemo il casco, mi sembra lento, forse mi salvo la vita e riparto. E' discesa, dopo duemila metri saliti. Mi gusto anche questa, lentamente.

Non c'è gara, non c’è fretta, il bosco è bellissimo. So che la discesa termina in paese, dopo le ultime due gobbette prima dell'asfalto. Poi sarà monte Carpegna, l'ultima grande salita della giornata.
Ma succede qualche cosa di strano, non prevedibile. La discesa sta terminando,  aspetto le gobbette, rallento ancora, eccole. Sono strane, cosi' non le riconosco, erano certo piu' piccole, sembrano modificate.



dove comincia la strada sulla destra si intravvede il muro di cemento dove ho terminato la corsa

Devo frenare, provo ma non c'è piu' tempo, l'ultimo tentativo è quello di alzare la ruota davanti per saltare il fosso. Il secondo è fatale, inghiotte la ruota e mi ribalta.

L'impatto contro il muretto di cemento armato è un'istante terribile.

Il tonfo è un unico rumore del casco che si comprime contro il muro insieme a quello dell'osso che si spezza. Con dolore.



E' già tutto chiaro, subito. Solo che non ci posso credere. Non puo' essere vero.
E' un errore da non fare, ma l'istinto mi fa rialzare subito, voglio stare bene, ma non è cosi'. Mi siedo sull'asfalto. Recupero qualche respiro e mi rialzo, ancora non ci credo.

Un abitante del posto, mi vede, capisce, mi aiuta. Apro le braccia, le faccio girare, ce la faccio, ma è solo volontà, forte volontà che cancella il dolore perchè non lo vuole.
Andiamo in paese per perfezionare i soccorsi.
La speranza non muore fino a quando faccio passare il dito sulla clavicola destra senza inciampi, poi su quella sinistra si interrompe nel mezzo.

Li' comincio a star male, la forza della mente mi abbandona e mi fa cedere. Un mancamento ci suggerisce di chiamare i soccorsi, di andare in ospedale. Devo continuare a credere.
Arriva l'ambulanza, mi immobilizzano e mi caricano. Chiudono gli sportelli ed è come spegnere la luce, un'altro calcio alla speranza.


nei tuoi occhi non vedo il dolore per la frattura ma per quello che volevi fare - montello - dsb - souz- e salzgammergut. Alberto sono cose che posso succedere, lo sai che io devo arrivare a 10 prestigi quindi il prossimo anno ci torneremo assieme: Ale BracciDa Carpegna il reparto di ortopedia piu' vicino è quello dell'ospedale di Urbino. Arrivo dopo piu' di un'ora di curve quasi dissanguato. L'infermiere del centodiciotto non si accorge del distacco del tubo della soluzione idratante della flebo. Il liquido non entra e il sangue esce abbondante per tutto il tempo. Sarà la causa del crollo della pressione arteriosa e di alcuni mancamenti.

Le lastre polverizzano le speranze residue, distruggono tutto: "Frattura scomposta del terzo medio della clavicola sinistra".
Nella caduta, la spalla ha compresso la clavicola che ha ceduto nella parte dove è piu' sottile. Come nell'ottantadue percento dei casi di rottura di quest'osso.

"nei tuoi occhi non vedo il dolore per la frattura ma per quello che volevi fare - montello - dsb - souz- e salzgammergut. Alberto sono cose che posso succedere, lo sai che io devo arrivare a 10 prestigi quindi il prossimo anno ci torneremo assieme" Ale Bracci

Il dolore è intenso, ma il mio cervello lo ignora. La mente è subito distratta dai calcoli sui recuperi. Siamo nel momento piu' importante della stagione, la vigilia delle grandi gare, fermarsi adesso è perdere tutto. Voglio voglio voglio. Voglio star bene, guarire. Volere fortemente non mi farà mai abbandonare il corpo, sarà determinate.

Nella sala gessi dell'ospedale urbinate mi comunicano che la prognosi è di quaranta giorni durante i quali dovro' portare la fasciatura a otto. Un'imbragatura che tira le spalle all'indietro.
Serve a distendere la clavicola per favorire una naturale riduzione della frattura. Dopo circa una settimana vorranno fare un primo controllo.
L'ortopedico di turno mi informa che l'osso si risalderà da solo e che un'intervento chirurgico potrebbe avere solo valenza estetica e non abbreviare il recupero. Sono perplesso, stanco, sbattuto, non ho scampo.

Il casco salva la vita. La mia vita è salva grazie a questo casco:



Purtroppo non ho esperienze e studi utili a capire, non posso valutare le mie convenienze. Penso solo a tornare a casa.
Dopo tutto il pomeriggio passato tra i reparti, il rientro è tristissimo: l' infinita bozza di programmi di tempi di recupero si mischiano alle ansie di una buona guarigione. Senza il conforto della conoscenza è impossibile avere tranquillità.

Conosco solo gli appuntamenti impellenti e i giorni mancanti, non conosco invece nessun medico che mi assista. Faccio supposizioni, ma non potro' piu' orientare il destino del mio recupero.

La prima sintesi è quaranta giorni per saldare l'osso, una decina per pedalare e a fine luglio la prima gran fondo per due stelle: affascinante e ottimistico, ma assurdo.

Passo la prima notte con questo in testa insieme a tanti altri pensieri. L'impossibilità di cambiare posizione aumenta il dolore e favorisce le riflessioni, nel buio.
Arriva il giorno, serve un medico al quale dare fiducia, che possa descrivere cos'è successo, garantire il migliore percorso possibile verso la guarigione, che ti assicuri che sia giusto.
Non è facile, tutt'altro.

In zona c'è una rinomata equipe medica che si occupa solo di spalla. Dicono che sia l'ecellenza in questo campo. Sono i chirurghi Porcellini, Campi, Fauci.
La realtà è che i primi appuntamenti sono disponibili in autunno inoltrato, salvo raccomandazioni. Cosi' è, salvo spinte. Sembra roba per eletti, di fatto lo è.

E' la spalla di mia mamma ad aprirmi la porta, è stata operata piu' volte, proprio da quell'equipe. Cosi' ho i numeri giusti, il cellulare giusto. La risposta tarda, ma arriva.
Il lunedi saro' ricevuto dal Dott. Campi, mi dice di fare una lastra prima di andare. L'ospedale di Urbino non me le ha lasciate, con sorpresa non le ho trovate tra i referti nella busta, non lo fanno, dovevo controllare. Si, controllare, bisogna sempre controllare tutto..
Dopo, per ottenerle, dovrei fare domanda specifica e andarle a prendere. Impossibile. Un disagio grosso, ma la posso rifare, infatti la rifaro' la mattina della visita.

Già, la lastra. Fare quella lastra, una semplice lastra è comico e drammatico.

Occorre l'impegnativa del medico curante e la prenotazione al CUP. Ovviamente dicono che con la mutua non c'è posto in tempi idonei all'analisi e si deve pagare. Sempre all'ospedale, stesso macchinario.
Quando ci presentiamo ci sono quattro tecnici che aspettavano. Tecnici della mutua, non della "libera professione", quella che sono stato costretto a prenotare io. Dunque quattro tecnici annoiati e inoperosi, disponibili moralmente a farmi le lastre, ma mpotenti perchè inviato da un sistema diverso. Ma allora il posto con la mutua c'è o non c'è? Sembrerebbe proprio di si, ma in effetti no.

Il "mio" tecnico arriva puntuale, viene da fuori, un  costo inutile, ma è gentile. Tenta anche di giustificare quasta improbabile concorrenza tra fotografi di ossa. Mi irradia. Fatto? Manco per idea.
Ora ci vuole la firma del “refertatore”, non serve, ma ci vuole. E non refertatore della mutua, di quelli il reparto è pieno, sempre inoperosi, ma quello della libera professione. E' un disastro, sto perdendo l'appuntamento strappato miracolosamente all'ortopedico di grido. Mentre contiamo i minuti, il miracolo: un refertatore di reparto è il padre del compagno d'asilo di mio figlio.

Tutto si risolve, le lastre sono refertate e consegnate in un respiro. Sento che dal sistema sanitario mi dovro' anche guardare, da una posizione di estrema debolezza. La fiducia è poca.

Con un'unica lastra manca il confronto. Sarà un'analisi ortopedica incompleta. Anzi peggio, oltre che incompleta sarà anche piuttosto avvilente. Le aspettative di conoscere la situazione ed evoluzione sono deluse.
Il Dott. Campi si limita a descrivere incertezze generiche sui casi di rottura, rimanda di una decina di giorni ulteriori valutazioni e bacia con ossequi la mano di mia moglie.

[Qui devo scrivere una nota extra racconto: l'operato del Dott. Fabrizio Campi potrebbe essere per certe esperssioni "sentito" negativo da chi legge. Questo è voluto per esprimere l'emozione di chi "non sente quello che vorrebbe sentirsi dire".
Ma in concreto ritengo che la professionalità, la conoscenza medica oltre che la cortesia di Campi abbiano prodotto la migliore situazione per me e la mia spalla. Procurando il migliore percorso di guarigione possibile. Ringrazio all'infinito]

Sono ancora piu' deluso e triste. Son passati nove giorni dalla rottura. Sento di non essere sicuro, che le vaghe e sommarie informazioni ricevute siano evidenza di una incapacita' di fare valutazioni mediche, di decidere cosa fare. Sono gia' due ortopedici che mostrano la stessa inerzia, sprofondo. Devo per forza avere fiducia, ma è dura.

Ricevo visite di amici, telefonate. Mi vanno a prendere la bicicletta rimasta a Carpegna. Non lo sanno, ma sono la migliore medicina per i miei dolori.

In quei giorni Colin Edwards e Lorenzo, cadono in moto e si rompono la clavicola. Il primo pilota è stato operato alla Clinica universitaria Dexeus di Barcellona dal Dottor Mir, dal primario della divisione Spalla e Artroscopia della Spalla Dott. Victor Marlete e dal Dott. Ignacio Ginebreda. Chirurghi non dei.
Una placca in titanio,  tre viti e di nuovo in pista in otto giorni, terzo a Silverstone. Pedrosa sempre operato da loro dieci giorni in piu' ma aveva la clavicola in tre pezzi.
Io e tanti altri comuni mortali siamo con le spalle dritte senza sapere cosa sta succedendo ancora dopo due settimane.
Non sono certo un pilota di motogp, ma sento che la forbice è troppo ampia.

Non capisco, anzi si.
Il Dott. Mir, come già il Dott. Costa e certamente altri chirurghi operano i piloti per farli guarire prima possibile, per metterli in condizione di continuare la loro straredditizia attività, molti altri, quasi tutti gli altri no.
Prima si difendono abbandonando le ossa al loro destino, poi se si saldano da sole bene, altrimenti quando non c'è piu' niente da fare, propongono un'operazione. Certo non sbagliano mai.

In particolare la prima indicazione dell’ illustre Dott Campi era stata straordinaria. La Clavicola è un osso strano, mi dice, quasi vigliacco. Puo' guarire da sola o no. Puo' guarire con un'operazione, o no. Puo' guarire con la fasciatura a otto, o no.Comunque è bene che la fasciatura sia ben stretta. Dunque aspettiamo e vediamo.

Difficile contraddire, è tutto straordinariamente incontestabile. Incontestabile se il tempo e il dolore non avessero valore, cresce l'apprensione.

A questo punto non è possibile non fare qualche ricerca. Ed è subito evidente che, sebbene le visioni prudenti dei nostri medici siano incontraddicibili, una rottura di clavicola ha già dal primo momento evidenze di possibilità di ossificazione spontanea.

Dalla scomposizione della frattura, dalla distanza di due monconi si puo' individuare la probabilità della necessità di un'operazione.
Un osso se si salda in quaranta giorni, di piu', tanto piu' la frattura è scomposta, non si salda se è troppo scomposta. Imparo che un distacco minore di un centimetro e mezzo non normalmente non richiede intervento, da un centimetro e mezzo a due si dovrebbe  prendere in considerazione, oltre i due centimetri l'intervento è necessario.
L'esperienza dell'ortopedico è importante qui, adesso, per osservare e decidere.

Il buon consiglio, un buon suggerimento potrà ottimizzare la decisione da prendere secondo le propensioni del paziente, rispettando tempi e dolori.

Il recupero parte dalla mente, dalla conoscenza del nemico da combattere. Ancora non conosco niente.

Il giorno successivo decido di tornare a Urbino. Qui posso avere il confronto delle lastre e ottenere notizie sull'evoluzione.
L'accoglienza e l'efficacia delle operazioni di registrazione e programmazione del percorso della visita è entusiasmante. La senzazione di sicurezza cresce.

In poco piu' di due ore faccio radiografie, la visita ortopedica e ottengo le lastre. Anche quelle del giorno dell'incidente. Non solo, programmiamo anche le lastre e la visita successiva. Sembra magia confronto a Rimini.

Questo non vuol dire che i risultati della visita siano favorevoli. In sintesi persiste la comunicazione che puo' succedere di tutto in tutte le circostanze.
Potrebbe esserci ossificazione in atto come no. Si potrebbe intervenire come no. In caso di itervento potrebbe ossificare come no. Oggi ho una conoscenza migliore. L'ortopedico informa io reagisco. In modo precario, ma piu' informato.
Fosse stato il giorno dell'operazione avrei fatto operare, con inserimento di una piastra. Ma adesso no. Ormai son passati tanti giorni, c'è il rischio di perderli, poco da guadagnare, se da guadagnare ci sarà.

Mi spaventa discutere del filo trattamento Kirschner. I fili o cavi di "K" sono stati inventati da Martin Kirschner nel 1909, mi sembrano invasivi, lunghi e dolorosi. Ho letto un po’, dove potevo, come potevo. Convincermi sarebbe un combattimento.

La rassegnazione prende campo, mi sto imbudinendo. I muscoli mi abbandonano, i grassi mi assalgono. Vincere la fame è sempre piu' difficile. I peccati di gola l'unica irresistibile consolazione.
Le notti obbligate in un unica posizioni quasi insonni. E' sempre piu' urgente sapere per organizzare il recupero, prima di tutto quello mentale. Invece perdo la certezza di poter essere presente agli appuntamenti di settembre.

Dopo diciassette giorni di navigazione a vista, un altro controllo, l’altro consulto medico previsto. E’ all’ospedale di Cattolica, con il Dott. Campi, reparto dell’inarrivabile Dott. Porcellini. Il feeling con “Bicio” è ormai inevitabilmente acceso. E’ mio coetaneo, abbiamo fatto lo stesso liceo negli stessi anni. Certamente abbiamo giocato a pallacanestro con la stessa palla, forse nella stessa squadra o forse contro. Ma in anni belli, conta.

In questo giorno, casualmente, in reparto è presente una equipe medico/ortopedica indiana, due dottori. Vengo visitato anche da loro. Hanno la pelle scura, lo sguardo determinato. Quello col turbante mi tocca la spalla, segue la clavicola spezzata per tutta la sua lunghezza. Esegue delle pressioni forti. Pain? No, nessun dolore, rispondo. Tree weeks, no surgery. (nessun intervento necessario)

Il Dottor Campi e il suo assistente questa volta sono piu’ precisi. La clavicola è in tre pezzi. Andava operata subito, dicono decisi. L’avversione forte all’intervento non è piu’ giustificabile come anni fa.. Il  richio di infezioni è trascurabile. Le placche in titanio da inserire sono evolute, seguono la curvatura dell’osso e per ogni tipo di rottura c’è quella adatta. L’ossificazione comincia con la placca che la guida, non si interrompe. Il dolore è ridotto, i tempi prevedibili.
Poi si puo’ dire che siamo nelle mani di dio e tutto puo’ sempre succedere. Lo sapevo benissimo, per questo vivo questo periodo senza serenità.
Opererebbero subito, anche dopo diciassette giorni, ma l’assenza di dolori alle palpazioni della clavicola gioca a favore della terapia conservativa, senza intervento.  Bicio è d’accordo con l’indiano.

Rimane qualche dubbio, ma la frattura si sistemerà da sola, al novanta per cento. Di certezza non se ne possono avere, non si puo' escludere che si presenti la necessità di operare. La "Medicina non è Scienza, ma Arte" dice il prestigioso chirurgo della spalla Fabrizio Campi.. Appuntamento sempre li’, dopo tre settimane. Non c’è da fare altro. Non so come andra’ a finire, ma ora so la verità, coincide con quella che mi ero costruito.

Le tre settimane passano, ma durano una vita. Potrebbe non essere perduto tutto,  forse si. Passano le Gran Fondo di Giugno, Atestina Bike di Este,  la Souze d' Oulx. Pedalate perse per sempre.
Il destino continua ad essere beffardo. Il programma del controllo prevede X-ray il giovedi, e visita ortopedica il lunedi. In mezzo Dolomiti Superbike 2011, la mia mamma.

Arriva il giorno, il reparto di radiologia è una camera di speranza, ma non posso illudermi. Non devo sempre pensare al peggio. Le spalle si appoggiano alla macchina come sul muro del condannato. Il radiologo guardando il suo schermo spara: "Te la sei fatta adesso questa frattura"? Il colpo è mortale.
Parto per Villabassa, troppo difficile far finta di niente.

Partecipare alla Dolomiti Superbike senza ruote e pedali è come mettere il cuore sull'altalena. L'emozione prende e molla. Vedere e incitare i compagni è un'invidia e una riscossa insieme, il passo dei Baranci sarà il punto dove vedro' il loro passaggio, sono bellissimi, è come averlo fatto. Tutto mi arricchisce.
Lunedi' parlero' chiaro. Voglio l'intervento. Basta aspettare chissacche', chissà cosa. Corro in ospedale, mi accettano subito. Porgo le lastre pregando al Dott. Campi di informarmi "piano piano". Gli dico che le lastre urlano.

La risposta immediata: "Io non opero lastre ma pazienti". Mi piace come reazione, subito capisco. Continua: "Sembra non esserci niente perchè i tessuti non si vedono. Non si devono vedere". Approfondiamo, la visita prosegue.
La guarigione è in atto, c'è progresso, via la fasciatura a otto, ora è dannosa. "Puoi procedere con la riabilitazione, con le moderazioni del caso". Chiama il capo, Il Prof. Porcellini, guarda la lastra, mi tocca e conferma: Puoi andare anche in bicicletta, ma non ti conviene. Se cado si rompe con certezza, almeno per un po' di tempo. Ma guarisce e bene.

Il mondo torna a colori. La spalla senza fasciatura cade nel dolore. Ma non lo sento. Un pensiero va verso il radiologo, incompetente. Un'altro giudizio medico a vanvera. Mi mancano i miei amici i miei compagni, per festeggiare.

Nel centro specializzato di riabilitazioni un cartello recita "Per il 25% la guarigione dipende dalla volontà del paziente". Prendo atto delle mie limitazioni  e percorro nella settimana duecentoquattro chilometri con la city-bike. Il vento è cambiato.

La clavicola non si fa sentire piu' di tanto, ma è la spalla ad essere nei guai. L'articolazione è bloccata. La fasciatura, pur non rigida l'ha privata di possibilità di movimento. Rumori interni continui preoccupano, ma sono i segnali dello sblocco. I miglioramenti piccoli, ma progressivi. Il caldo record fa il resto, per l'articolazione è manna.
Guardo il calendario. Sottolineo Ora -BZ- e la "Vecia Ferovia" del sette agosto. Ho bisogno di obiettivi. Forse il Prestigio non è perduto.

La pedalata continua.

In diversi momenti angoscia e sconforto aumentano debolezze sottraendo tranquillità e ragione. Devo ringraziare mia moglie e qualche amico. Devo anche chiedere perdono per qualche parola detta senza volontà in quei momenti. Senza motivo apparente.
L'appartenenza al gruppo è il vantaggio infinito: grazie a tutti gli Sbubbikers.

Il particolare supporto di Marchini Alessandro, Alessandro Teora, Andrea Rossi, Paride Antolini, Angelo Cunti, Alessandro e Gianluca Bronzetti, Marco Marcheggiani, Stefano Mazzotti mi rimarrà dentro per sempre.



NOTA

Il presente racconto non è che la descrizione di un' esperienza. Semmai dalle parole scritte si percepisse un "eccesso di dramma"  si tenga conto del riferimento ad un dramma unicamente sportivo. Non mi propongo assolutamente di dare consigli medici ne' suggerimenti su comportamenti da tenere in casi analoghi.



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